La doppia sfida dell’agricoltura, competitività e sostenibilità

Le aziende non possono prescindere da competitività e produttività, ma al tempo stesso non possono esimersi dall’essere sostenibili. Oggi le imprese agricole sono chiamate a una doppia sfida, quella della competitività e quella della sostenibilità. Due obiettivi che spesso non vanno d’accordo. Tra Covid-19, cambiamenti climatici, concorrenza internazionale ed European Green Deal, da un lato, e la diffidenza dei consumatori verso tutto ciò che non è percepito come tradizionale, solo l’innovazione, dalle nuove tecnologie di evoluzione assistita (TEA) fino all’agricoltura di precisione e 4.0, può aiutare le aziende a vincere questa duplice sfida. Perché “gli scenari della scarsità alimentare, delle risorse naturali e dei cambiamenti climatici sembrano fantascienza, ma in realtà ci riguardano da vicino”, dichiara Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare di Nomisma.

I prodotti delle aziende “tradizionali” vengono percepiti di qualità superiore

Si tratta delle evidenze emerse dalla survey di Nomisma-Agrifood Monitor, realizzata in partnership con Crif. La ricerca ha messo in luce come i preconcetti verso l’innovazione in agricoltura derivino più dalla mancanza di una corretta comunicazione, o informazione, piuttosto che da forme di “integralismo alimentare”.

Per il 45% degli italiani, infatti, i prodotti agroalimentari derivanti da aziende “tradizionali” vengono percepiti come di qualità superiore rispetto a quelli offerti dalle aziende più avanzate dal punto di vista tecnologico.

Per il 54% dei consumatori è necessario un cambio di rotta

Anche se il consumatore è sovrano la stessa survey evidenzia come molte convinzioni sulle innovazioni in agricoltura derivino da una scarsa conoscenza, tanto da venire “ribaltate” una volta spiegate le funzioni di tali miglioramenti tecnologici, soprattutto se inquadrate nello scenario evolutivo verso il quale stiamo andando. A fronte di un futuro condizionato dai cambiamenti climatici e dalla necessità di attività produttive più sostenibili, non sembrano infatti esserci molte possibilità. Tanto che il 54% dei consumatori reputa necessario un cambio di rotta per gli agricoltori italiani, spiega Askanews, soprattutto attraverso investimenti in innovazione, che permettano di affrontare la doppia sfida della competitività e della sostenibilità.

Dagli irriducibili agli indifferenti, l’identikit dei consumatori

Certo, l’indagine Nomisma-Agrifood Monitor mostra che non mancano gli irriducibili, ovvero coloro che sono disposti a pagare di più pur di continuare ad acquistare prodotti direttamente da contadini meno avvezzi alla tecnologia (18%), così come non manca un 13% di chi si dice pronto a cambiare la propria dieta introducendo alimenti “alternativi”, come gli insetti o le alghe, o un 5% disponibile a consumare cibi creati in laboratorio. C’è però un rimanente 10% che sembra essere indifferente all’origine territoriale dei prodotti e incline ad acquistare prodotti stranieri.

Come decorare un duplex alla perfezione

Un duplex è una casa formata dall’unione di due differenti immobili composti da due piani sovrapposti o uno di fianco all’altro, collegati tra loro. Quando si necessita di arredare o decorare un duplex, bisogna considerare delle particolarità che non si presentano quando arrediamo una casa a un livello o comunque di tipo tradizionale.

Ad ogni modo il risultato finale può essere spettacolare, in quanto il duplex offre anche una serie di vantaggi rispetto alle abitazioni tradizionali come maggiore luminosità, più privacy grazie alla sua disposizione particolare e la possibilità di creare ambienti differenziati.

Esistono duplex di tutte le dimensioni, e quando iniziamo le fasi di scelta di arredi e complementi bisogna tenere conto della disposizione delle varie stanze . Ad esempio al secondo piano, in caso di appartamenti su due livelli, troviamo abitualmente la zona riposo e le camere da letto. Al primo piano il soggiorno, la sala da pranzo, la cucina e il bagno. È possibile anche riservare uno spazio dedicato a un’area di lavoro su uno dei due piani per chi lavora da casa e necessita di una stanza in cui potersi dedicare alle proprie attività.

I consigli per arredare un duplex con gusto

Vediamo adesso di seguito alcune idee e suggerimenti utili decorare con gusto un duplex.

Iniziamo con il dire che in un duplex è possibile creare ambienti diversi a seconda dello spazio disponibile, creando un passaggio armonioso da l’uno all’altro. Puoi giocare con decorazioni e soluzioni, aggiungendo colore ad ogni stanza attraverso i mobili, ma mantenendo l’armonia visiva dell’intero spazio.

Generalmente le scale sono considerate un inconveniente quando si vive in un duplex, ma tu considerale invece un valore aggiunto del quale possiamo anche approfittare. Che ne pensi di usare le scale per creare un spazio di archiviazione aggiuntivo? Puoi farlo sia attraverso armadi su misura che passano inosservati o mensole: scegli l’opzione migliore in base alla tipologia di scala.

Se il tuo duplex è particolarmente piccolo, una buona opzione potrebbe essere quella di posizionare il divano sotto le scale per guadagnare spazio in soggiorno.

Nei duplex, gli spazi sono generalmente aperti. Per ottenere una  transizione armoniosa tra diversi ambienti giocando con decorazioni e suppellettilipuoi scegliere di utilizzare arredo luxury, elementi decorativi o giocare con i  tappeti che consentono un passaggio armonioso tra i diversi ambienti di casa.

Tieni conto di questi consigli e vedrai il tuo duplex diventerà una casa molto accogliente.

Con i lockdown è boom di adozioni per cani e gatti

Durante l’anno della pandemia e dei lockdown l’ong animalista Enpa ha trovato casa a 8100 cani e 9500 gatti in tutta Italia, oltre il 15% in più rispetto al 2019, e per un totale di 17.600 animali domestici adottati.

“Questo forse è il piccolo miracolo di questa pandemia”, commenta Carla Rocchi, presidente nazionale Enpa. Nel 2020 si è assistito infatti a un vero proprio boom di adozioni per cani e gatti in cerca di una famiglia.

“Un miracolo che ha visto protagonisti gli animali”

“Un miracolo che ha visto protagonisti gli animali presenti nelle nostre case, che con il loro affetto e amore incondizionato ci hanno aiutato in questo momento difficile – continua la presidente Enpa -. Ma va evidenziato anche l’insostituibile ruolo dei volontari, i quali in pieno lockdown hanno incrementato il loro impegno”. In alcune città la percentuale di animali che hanno trovato una nuova casa sono arrivate addirittura al 20% o al 40%. È il caso di Treviso, che su 147 cani presenti nelle strutture dell’associazione ne ha fatti adottare 100. O di Perugia, dove hanno trovato famiglia 96 cani, anche diversi cani disabili e anziani, e 70 gatti. Ci sono poi situazioni come quella di Monza, dove a dicembre il rifugio Enpa è rimasto addirittura privo di cani da adottare.

Trovano casa più cani e più gatti anche al Sud dove il randagismo è endemico

L’aumento di adozioni non si è limitato però alle città del Nord e del Centro Italia. Anche nelle zone del Sud dove il randagismo è un fenomeno endemico sono aumentate le adozioni. È il caso ad esempio di San Severo, in provincia di Foggia, dove le adozioni sono passate dai 106 cani del 2019 ai 161 del 2020, e dove hanno trovato famiglia anche tanti amici a quattro zampe sopra i due anni, o addirittura anziani. Insomma, complice la pandemia e la difficoltà di effettuare spostamenti, nel Sud Italia sono aumentate le adozioni in loco. In particolare, in Sicilia, Puglia e Campania, con una percentuale del +40%.

Crescono anche le cessioni di animali per cause economiche

Ma c’è anche il rovescio della medaglia. Se da un lato cresce il numero di adozioni cresce anche quello di chi non può più permettersi di mantenere un animale, e quindi si rivolge ad associazioni come l’Enpa. Tra settembre e ottobre le cessioni di animali per cause economiche sono infatti aumentate del 20%, e sono poi calate tra novembre e dicembre. Le cause sono state quasi sempre legate alla pandemia: o per l’impossibilità di mantenere l’animale per un improvviso impoverimento, o perché i figli, dopo la morte dei genitori, non se la sentono più di occuparsi dei loro cani e gatti, riporta Ansa.

Furti d’identità, le frodi creditizie “valgono” 65 milioni di euro nel primo semestre 2020

Il primo semestre del 2020, seppur segnato dal lockdown, ha visto continuare il fenomeno delle frodi creditizie tramite furto d’identità. I numeri: solo nel nostro Paese i casi segnalati sono stai più di 11.200, con un danno complessivo di oltre 65 milioni di euro. L’importo medio di ogni frode è di 5.792 euro, con un aumento del 24,2% rispetto allo stesso periodo del 2019. A fornire questi dati allarmanti è l’Osservatorio sulle Frodi Creditizie e i furti di identità realizzato da CRIF-MisterCredit. Ovviamente, a causa delle restrizioni, sono calate le frodi “fisiche” in banca e nei punti vendita, analogamente a quanto accaduto con i casi di rapina, riflettendosi in un calo del numero di frodi rilevate (-33,1%). Meno casi, quindi, ma più soldi sottratti.

I principali ambiti delle frodi

Il maggior numero di eventi fraudolenti si registra nei prestiti finalizzati all’acquisto di beni e servizi (quali auto, moto, articoli di arredamento, elettronica ed elettrodomestici, energie rinnovabili, ecc), che continuano a rappresentare la metà del totale. Al secondo posto per numerosità si trovano le frodi sulle carte di credito, che spiegano un quinto del totale delle frodi (precisamente il 20,4%), seguite da quelle legate ai prestiti personali, in aumento rispetto allo scorso anno, con una quota del 10,6%. Sono addirittura raddoppiati rispetto al primo semestre del 2019 i finanziamenti fraudolenti tramite fidi di conto, che oggi rappresentano il 3,6% del totale delle azioni fraudolente.

Le categorie merceologiche più acquistate in modo fraudolento

Gli elettrodomestici restano la tipologia più diffusa, con una quota del 31,9% del totale, tra i beni e servizi maggiormente acquistati in maniera fraudolenta. Seguono le auto e le moto, con un aumento del 7,4% sul 2019, e che adesso rappresentano il 14,8% del totale, e l’arredamento (all’8,1%). Una quota rilevante di frodi – precisamente l’8,3% – si riferisce ad acquisti di elettronica-informatica-telefonia, ma crescono anche le frodi legate ai trattamenti medici ed estetici (sono il  6,1% del totale). Per quanto riguarda il tipo di bene in rapporto all’erogato, le categorie più colpite risultano essere intrattenimento/viaggi, consumi/abbigliamento/lusso, spese professionali e trattamenti medici/estetici.
Chi sono le vittime
L’ultimo osservatorio rivela che la maggior parte delle vittime è ancora rappresentata da uomini (63,7% dei casi). Relativamente alla distribuzione per fascia di età, quella nella quale si rileva il maggior incremento percentuale delle frodi nel primo semestre 2020 è quella degli over 60 (+16,6%) seguita dai 51-60enni (+10,3%). In termini assoluti, tuttavia, la fascia più colpita resta quella dei giovani tra 18 e 30 anni, coinvolti in circa 1 caso di frode su 4. Riguardo la regione di residenza delle vittime, la ripartizione dei casi mostra una maggiore incidenza del fenomeno in Campania (con oltre 1.500 casi), Lombardia (quasi 1.350), Lazio (oltre 1.300) e Sicilia (quasi 1.200).

I bicchieri monouso per consumare bevande calde possono essere nocivi

Bere bevande calde da bicchieri di plastica potrebbe essere nocivo. Nei 15 minuti necessari per consumare caffè o tè caldi da un bicchiere di plastica o di carta, lo strato di microplastica sulla tazza si degrada e può rilasciare fino a 25 mila particelle dell’ordine di grandezza dei micron all’interno della bevanda. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Hazardous Materials condotto dagli esperti dell’Indian Institute of Technology (IIT) a Kharagpur, che hanno analizzato la capacità di resistenza al calore dei bicchieri di plastica monouso per il consumo di bevande calde.

In tre bicchieri di tè o caffè al giorno fino a 75 mila particelle di microplastica

“Secondo i dati di Imarc Group, una società di ricerche di mercato internazionale, nel 2019 sono stati prodotti circa 264 miliardi di bicchieri monouso per il consumo di alimenti e bevande calde, preferiti alle alternative di vetro o ceramica per via delle vite frenetiche e della crescente tendenza di servizi da asporto – spiega Sudha Goel dell’Indian Institute of Technology (IIT) -. E un individuo che assume mediamente tre tazze di tè o caffè al giorno rischia di ingerire fino a 75 mila particelle di microplastica”.

Le microplastiche fungono da trasportatori di contaminanti

Il team ha versato acqua pura riscaldata a 85-90 °C nei bicchieri monouso, analizzandone il composto dopo 15 minuti con microscopio a fluorescenza per microplastiche, e valutando i rivestimenti in plastica separatamente per distinguere le alterazioni nelle proprietà fisiche, chimiche e meccaniche, riporta Agi. “Le microplastiche – prosegue l’esperta – fungono da trasportatori di contaminanti come ioni, metalli pesanti tossici come palladio, cromo e cadmio, nonché composti organici idrofobici. Se ingeriti regolarmente, potrebbero provocare effetti dannosi sulla salute”. Secondo i risultati del gruppo di ricerca un bicchiere di carta monouso esposto a un liquido caldo per un tempo di 15 minuti può rilasciare fino a 10,2 miliardi di particelle di dimensioni inferiori al micron.

Rilevata la presenza di metalli pesanti nei rivestimenti

“Usando la cromatografia ionica – continua la scienziata – abbiamo osservato il trasferimento di ioni nell’acqua dai bicchieri di carta, confermando che le microplastiche potrebbero essere rilasciate nelle bevande calde. L’aspetto più preoccupante è che abbiamo rilevato la presenza di metalli pesanti nei rivestimenti”.

Gli autori sottolineano che sarà necessario eseguire attente considerazioni prima di promuovere prodotti sostitutivi delle soluzioni inquinanti, perché potrebbero rivelarsi nocivi e pericolosi.

“In molte parti dell’India si usano ancora le tazze in terracotta – afferma Virendra Tewari, direttore dell’IIT – e, sebbene sia complicato individuare un sostituto adeguato ai bicchieri di carta, è importante affrontare questo problema e raggiungere una soluzione percorribile”.

Lo smartphone interferisce nella relazione genitori-figli

L’uso pervasivo dei device digitali, anche durante i momenti riservati tradizionalmente alle relazioni fra genitori e figli, ha ripercussioni negative sul benessere psicologico dei giovani, in particolare degli adolescenti.

Prestare troppa attenzione al proprio smartphone in presenza dei figli peggiora le relazioni familiari, e rischia di compromettere il benessere psicologico dei ragazzi. È quanto emerge dallo studio del’Università Milano-Bicocca dal titolo Mom, dad, look at me: The development of the Parental Phubbing Scale, frutto della collaborazione multidisciplinare tra ricercatori del Dipartimento di Psicologia e Sociologia e ricerca sociale dell’ateneo milanese.

Il fenomeno del phubbing

Alla base dello studio vi è il cosiddetto fenomeno del phubbing, termine composto da phone, e snubbing (snobbare), il comportamento per cui le persone ignorano l’interlocutore per prestare attenzione al proprio smartphone.

Lo studio nasce dalla constatazione che finora non esistevano misure in grado di rilevare il fenomeno del phubbing in ambito genitoriale, in particolare la percezione dei figli di essere ignorati dai loro genitori perché troppo impegnati a prestare attenzione al proprio smartphone. A oggi infatti il phubbing è principalmente studiato all’interno delle relazioni lavorative e di coppia, ma la ricerca mostra che chi subisce phubbing ha ripercussioni negative sul proprio benessere psicologico, svaluta la relazione con i colleghi o il partner e, nei casi più gravi, arriva a sviluppare sintomi depressivi.

Una forma di esclusione sociale

Lo studio ha confermato quindi che gli adolescenti con una percezione più alta di essere vittime di phubbing da parte dei genitori si percepiscono anche più distanti da essi, socialmente disconnessi, ignorati ed esclusi.

“Il phubbing è un fenomeno che si caratterizza a tutti gli effetti come forma di esclusione sociale, in particolare di ostracismo, ossia essere ignorati, diventare invisibili e sentirsi non esistenti in un dato contesto – spiega Luca Pancani, psicologo sociale -. Ciò assume un’importanza ancora maggiore nella relazione genitori-figli, in cui lo stile parentale e la responsività alle richieste dei figli rivestono un ruolo cruciale nello sviluppo adolescenziale”.

Un fenomeno non ancora regolato da esplicite norme sociali

“Pur essendo ormai radicato in molteplici ambiti relazionali, incluso quello familiare, il phubbing rimane un fenomeno relativamente recente e non ancora regolato da esplicite norme sociali – aggiunge Tiziano Gerosa, sociologo -. La ricerca su questo tema, e la conseguente diffusione dei suoi risultati, possono incidere molto sulla costruzione di norme sociali che pongano dei limiti al phubbing anziché accettarlo indiscriminatamente”.

I ricercatori sostengono di essere solo all’inizio della ricerca sul phubbing genitoriale, e in futuro pensano di indagare la circolarità del fenomeno: non solo figli che subiscono phubbing dai genitori, ma anche genitori “phubbizzati” dai figli. Ciò andrebbe ad alimentare un circolo vizioso, e la costituzione di una norma sociale che potrebbe favorire il phubbing, e quindi accrescere le sue ripercussioni all’interno dell’intero contesto familiare.

La spesa online diventa un’abitudine per gli italiani

La spesa alimentare online è entrata a tutti gli effetti tra le abitudini di consumo degli italiani. Se nel 2019 le vendite online erano sbilanciate verso gli acquisti di prodotti per la cura della persona e il cibo per animali domestici, il 2020 ha visto un’esplosione nelle vendite di prodotti confezionati di largo consumo. La crescita dell’e-commerce durante la pandemia infatti si deve soprattutto alla spesa alimentare, pressoché raddoppiata durante il lockdown. Il rapporto di IRI per Netcomm evidenzia come anche nella fase successiva alla quarantena il 36% dei consumatori abbia continuato a fare la spesa online, privilegiando i siti web della GDO.

Il click & collect ha superato il 15% durante il lockdown

“Il boom dei canali digitali nel settore dell’e-grocery è dovuto, in particolare, all’adozione di nuove modalità di acquisto dei prodotti – commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm -. La necessità di mantenere il distanziamento sociale e, al tempo stesso, di garantire la continuità del servizio, ha determinato l’affermarsi della consegna senza contatto. In particolare, un ruolo importante ha giocato il click & collect, vale a dire il ritiro in negozio della merce acquistata online, che nelle quote di vendita ha superato il 15% durante il lockdown e si è attestato di poco sotto al 13% nella fase successiva – puntualizza Liscia -. Una modalità di acquisto molto apprezzata dagli eShopper nell’alimentare, perché ritenuta più conveniente e veloce rispetto all’home delivery. Il click and collect ha riportato una crescita del +349% e c’è da aspettarsi che, da qui alla fine dell’anno, diventerà un’abitudine sempre più consolidata”.

Per il commercio di prossimità flessione del 3,2% tra giugno e agosto

L’esplosione dell’online e le differenti modalità di acquisto hanno variato e continuano a modificare la geografia del commercio, anche se negli ultimi mesi si osserva un riallineamento delle dinamiche dei canali distributivi alla situazione pre-Covid. Emerge, tuttavia, la crisi degli ipermercati, con un calo delle vendite del 9,6%, considerando complessivamente sia la fase Covid sia quella successiva. Il commercio di prossimità, dopo il balzo del 16,1% durante il lockdown, ha registrato una flessione del 3,2% nel periodo giugno-agosto.

Tra chi invece accelera, si trovano Specialisti Casa e Persona (+11,7% post lockdown) e continua il forte sviluppo degli acquisti LCC (largo consumo confezionato) nel canale virtuale (+96,4%).

Le grandi insegne dell’e-grocery dovranno migliorare i servizi e fidelizzare i consumatori

“La crisi – aggiunge il Presidente di Netcomm – ha messo tutti gli attori del food&grocery di fronte alla necessità di accelerare la propria trasformazione digitale. Occorre che tutti i brand si preparino a soddisfare le nuove esigenze di consumo evidenziate, e investano sull’export digitale e sui rapporti con i nuovi intermediari. Se i negozi di quartiere, ad esempio, dovranno costruire e rafforzare la rete di partner e operatori del digitale con cui collaborare – sottolinea Lisca – le grandi insegne che già operano nell’e-grocery dovranno migliorare i servizi offerti e fidelizzare i nuovi consumatori raggiunti negli scorsi mesi”.

I vantaggi dei laser industriali oggi

Dopo la sua scoperta avvenuta nel 1960, il laser (acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) iniziò ad essere applicato all’interno di vari processi industriali. All’inizio, i sistemi laser erano automatizzati e destinati a svolgere attività quali fori nelle pale delle turbine, taglio e perforazione dei diamanti, saldature di vario tipo, taglio di circuiti ibridi e incisioni di parti delicate di cuscinetti e ingranaggi, le quali mostrano informazioni sulle aree lucidate e temprate degli utensili.

Bassi costi e lavorazione più rapida

Il laser, che già offriva vantaggi quali flessibilità, velocità e adattabilità rispetto ad altri metodi convenzionali, gode attualmente di un vantaggio in più: il suo basso costo. Queste caratteristiche rendono il laser un sistema sempre più integrato nei processi industriali contemporanei.

Alcune delle applicazioni che si sono evolute maggiormente nell’ambito dei laser industriali (per creare forme laboriose come loghi e testi alfanumerici) sono state l’incisione, la marcatura e la testurizzazione, tecniche di saldatura più complesse, foratura e taglio, con molta più precisione e libertà di movimento rispetto il passato. In questo caso il materiale su cui lavorare viene adagiato su di una superficie adatta ed il laser si muove in base alle coordinate impostate in base al tipo di lavorazione che si desidera apportare, il che consente l’accesso ad aree difficili da individuare.

Applicazioni tipiche del taglio laser

La maggior parte dei metalli, delle plastiche e delle ceramiche possono essere incise al laser, prima e dopo qualsiasi tipo di trattamento termico o superficiale: vetro, resine epossidiche, compositi, legno, carta, gomma e materiali sintetici, compresi i materiali inerti.

Le applicazioni più comuni riguardano componenti meccanici di precisione, componenti ottici, tagli di pellicole sottili, strumenti medici, impianti, taglio di caschi per motociclette, targhe automobilistiche, identificatori, articoli elettronici, lame di coltelli, stoviglie, coltelli, circuiti integrati, connettori, tastiere e ogni tipo di pezzo con aree difficili da raggiungere.

Il next normal degli italiani secondo il Rapporto Coop

Sono 12.500 i miliardi di dollari di Pil mondiale “bruciati” in un anno dal Covid. Per l’Italia le ultime previsioni si attestano al -9,5% di Pil. Solo nel 2023 torneremo ai livelli precedenti la pandemia, a loro volta, lontani dagli standard antecedenti l’ultima grande recessione. Contemporaneamente, però, il Covid si è rivelato un agente aggregatore dei 27 Paesi Ue, sancendo la fine dell’austerity e avviando un piano di rilancio di cui anche l’Italia beneficerà. Non a caso l’87% dei top manager intervistati nella survey di Coop Italia 2021, il Next Normal degli italiani, dichiara imprescindibile l’appartenenza alla Ue per superare la fase attuale.

Una macchina del tempo sullo stile di vita

In attesa che il Recovery Fund si concretizzi gli italiani sono però i più pessimisti d’Europa, anche perché il Covid ha avuto l’effetto di una macchina del tempo sul nostro stile di vita. Da un lato infatti ha fatto comparire l’Italia delle rinunce, con l’arretramento del Pil procapite tornato ai livelli di metà anni ’90, la spesa in viaggi trascinata indietro di 45 anni, i consumi fuori casa arretrati di tre decenni, e un ritmo di denatalità anticipato di quasi un decennio. Dall’altro, l’Italia è balzata in avanti, velocizzando dinamiche già in essere, ma mai così veloci. Come lo smartworking (+770% rispetto a un anno fa), l’egrocery (+132%), e la digitalizzazione a tappe forzate, non solo nella vita privata, ma anche nel lavoro, la didattica, i servizi e la sanità.

La vita in una bolla

Al netto delle retrocessioni e degli avanzamenti la sensazione è di vivere in una bolla, digitale, affettiva, e casalinga, chiusa e autoreferenziale. L’elemento più insidioso però è restare prigionieri di bolle sociali e informative, terreno fertile per l’informazione “di parte” e la proliferazione di fake news. L’esplosione dei social, il dilagare della fruizione di contenuti on demand, l’assenza di un confronto sociale ampio sono elementi che coinvolgeranno una parte oramai sempre più ampia della popolazione: il 30% degli italiani nel 2021 aumenterà il tempo trascorso su internet e il 19% quello sui social.

Il nuovo cibo è homemade, safe e sostenibile

Se c’è qualcosa a cui gli italiani non rinunciano è il cibo, e il cook@home è una costante che spiega la forte crescita nelle vendite degli ingredienti base (+28.5% in GDO su base annua) a fronte della contrazione dei piatti pronti (-2,2%).

Insomma, anche nel post Covid, il 30% degli italiani dedicherà ancora più tempo alla preparazione del cibo, e 1 su 3 lo farà per mangiare salutare. Nel carrello estivo, oltre al gourmet (+16.9%) e l’etnico (+15,4%) riacquista forza anche il vegan (+6,9%). E tra le costanti che il Covid non ha spazzato vi emerge l’attenzione ai temi della sostenibilità. Se è vero che per il 35% dei manager intervistati nella survey lo sviluppo della green economy è una delle tendenze che caratterizzeranno il postcovid, questa coscienza verde si traduce in acquisti correlati, con il 27% degli italiani che acquistano più prodotti sostenibili/ecofriendly rispetto al pre Covid.

A marzo e aprile Cassa integrazione-Covid per oltre la metà delle imprese

Durante i mesi di lockdown di marzo e aprile oltre la metà delle imprese italiane ha fatto uso della Cassa integrazione-Covid, che ha riguardato quasi il 40% dei dipendenti del settore privato. L’utilizzo di questa misura è risultato più elevato nei settori sottoposti a lockdown, tuttavia, anche in settori in cui i livelli produttivi o il fatturato non sono diminuiti rispetto al periodo precedente la pandemia, l’utilizzo della Cig-Covid ha coinvolto una quota significativa di imprese, circa il 20% nella manifattura e il 30% nei servizi. È quanto emerge dallo studio Le imprese e i lavoratori in cassa integrazione Covid nei mesi di marzo e aprile, effettuato dalla Direzione Centrale Studi e Ricerche dell’Inps in collaborazione con la Banca d’Italia.

I risparmi per le aziende e le perdite economiche per i lavoratori

Ogni impresa in Cig-Covid ha risparmiato circa 1.100 euro per dipendente presente in azienda, a prescindere dall’incidenza dei lavoratori in Cig.
Tra le imprese più piccole, che hanno utilizzato prevalentemente la Cig-Covid in deroga, l’importo medio risparmiato grazie alla riduzione dell’orario di lavoro è stato pari a 3.900 euro nel bimestre. Le imprese più grandi del settore dei servizi, che hanno fruito dell’assegno ordinario Covid, hanno risparmiato in media quasi 24.000 euro. Per le imprese della manifattura, che ricorrono prevalentemente alla Cassa ordinaria Covid, il risparmio è stato di circa 21.000 euro riporta Ansa. In media, spiega il rapporto, ogni lavoratore in Cig-Covid ha subito una riduzione oraria di 156 ore, il 90% dell’orario mensile di lavoro a tempo pieno (pari a 173 ore in marzo e aprile), perdendo, secondo le attuali stime, il 27,3% del proprio reddito lordo mensile.

Un utilizzo più elevato nei settori con dinamica più sfavorevole dell’attività

L’utilizzo della Cig-Covid, riferisce AgentPress, è più elevato nei settori con una dinamica più sfavorevole dell’attività in seguito allo scoppio della pandemia. Nella manifattura l’uso dell’ammortizzatore è fortemente correlato con i cambiamenti nella dinamica della produzione industriale indotti dalla crisi.

I settori con alta incidenza di attività definite “non essenziali”, cioè sottoposte a lockdown in marzo e aprile, hanno fatto un ricorso più generalizzato alla Cig-Covid, e meno correlato ai cambiamenti dell’evoluzione ciclica determinati dalla crisi.

Nel Mezzogiorno ha fatto ricorso alla Cig-Covid il 55% delle imprese

Per quanto riguarda la distribuzione geografica dell’utilizzo della misura, la quota di imprese che hanno fatto ricorso alla Cig-Covid è pari al 45% nel Nord Est, al 48% nel Nord Ovest, al 52% nel Centro e al 55% nel Mezzogiorno.

Buona parte delle differenze tra macroaree è spiegata dall’eterogeneità nelle caratteristiche delle imprese. In modo particolare, è determinata dal settore di attività, relativamente più sbilanciato nel Mezzogiorno, a favore dei settori dell’alloggio e della ristorazione, delle costruzioni e del commercio al dettaglio non alimentare, che maggiormente hanno subito le conseguenze della crisi.