Pasta italiana, la filiera è sempre più “green”

Obiettivo: ridurre i consumi di acqua e energia, in tutte le fasi dei processi produttivi, in un’ottica di massima sostenibilità. E’ quanto sta facendo la maggior parte delle aziende, comprese quelle specializzate in uno dei vanti della tradizione italiana: la pasta. Tanto che ogni anno i pastai italiani investono in media il 10% del proprio fatturato (circa 560 milioni) in ricerca e sviluppo per rendere la produzione e la pasta sempre più moderna, sicura e sostenibile, dall’agricoltura di precisione agli impianti di trigenerazione alimentati a metano, fino al packaging compostabile.

Spaghetti sostenibili puntando su su innovazione e qualità

Se un alimento tipico della tradizione, consumato da tutti gli italiani o quasi (99%), in media circa 5 volte a settimana per un totale di 23 kg annui pro capite, riesce a mantenersi protagonista della spesa, è anche per la sua capacità di rispondere alle esigenze del consumatore, di interpretare tendenze, cambiamenti degli stili di vita e nuove frontiere green e sostenibili. I pastai difendono il loro primato puntando su innovazione e qualità: il settore (che conta quasi 120 imprese, dà lavoro a oltre 10.200 addetti e genera un valore di 5,6 miliardi di euro) investe il 10% del proprio fatturato in ricerca e sviluppo per rendere gli impianti più moderni e sicuri e la pasta sempre più sostenibile e di qualità. Un valore aggiunto a cui i produttori non intendono rinunciare, neanche in un periodo come quello attuale. E su questo punto le aspettative del consumatore sono alte: secondo un’indagine Nielsen IQ sulla sostenibilità alimentare emerge non solo un maggior impegno a mangiare con un basso impatto ambientale (circa 1/3 delle emissioni di gas a effetto serra mondiali sono legate alle catene agroalimentari) ma anche una maggiore attenzione agli sprechi e al risparmio di packaging. E 1 italiano su 5 è disposto a spendere di più per una spesa sostenibile.

Consumi di pasta su, di risorse giù

Grazie agli investimenti in innovazione e a tecniche di produzione d’avanguardia, oggi, la coltivazione del frumento incide sul totale delle emissioni di anidride carbonica per il 37%. Discorso identico per l’imballaggio, (6% di CO2) che è costituito da materiali immediatamente riciclabili come il cartoncino o il classico film plastico. Anche la trasformazione, compresa anche la molitura, si attesta al di sotto del 15% delle emissioni di CO2 e la distribuzione si ritaglia una quota minima (4%) dell’impronta carbonica del pacco di pasta.