Tecnologie 4.0, in arrivo 678 milioni di euro per le Piccole e medie imprese

Sono in arrivo 678 milioni di euro per le Piccole e medie imprese italiane: un decreto firmato dal ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti disciplina infatti i finanziamenti garantiti dal programma d’investimento europeo React-Eu e dai fondi di coesione. E istituisce un nuovo regime di aiuti per gli investimenti delle Pmi.

Gli investimenti sono volti alla realizzazione di progetti innovativi legati a tecnologie 4.0, economia circolare e risparmio energetico. In particolare, i finanziamenti sono destinati per circa 250 milioni agli investimenti da realizzare nelle regioni del Centro-Nord Italia, mentre circa 428 milioni sono previsti per quelli da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Ai progetti proposti dalle Piccole e medie imprese sarà destinato il 25% delle risorse.

Favorire economia circolare, sostenibilità ambientale e risparmio energetico

L’importo massimo agevolabile per ogni investimento innovativo non potrà essere superiore a 3 milioni di euro, e dovrà favorire la trasformazione digitale dell’attività manifatturiera delle Pmi attraverso l’utilizzo di tecnologie abilitanti individuate dal piano Transizione 4.0. Una particolare attenzione verrà rivolta ai progetti che puntano a favorire l’economia circolare, la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico.

I limiti dell’agevolazione

Tuttavia, le imprese che richiederanno l’agevolazione non dovranno aver effettuato, nei due anni precedenti la presentazione della domanda, una delocalizzazione verso uno stabilimento situato in un’altra parte dello Spazio Economico Europeo (SEE) che realizzi prodotti o servizi oggetto dell’investimento, impegnandosi a non farlo anche per i 2 anni successivi al completamento dell’investimento stesso. Le Piccole e medie imprese interessate ai finanziamenti potranno presentare domanda nei termini e nelle modalità che verranno definite con un successivo provvedimento ministeriale, riporta Adnkronos.

La capacità di rimanere competitivi passa dall’ammodernamento degli impianti

“Da ministro dello sviluppo economico è mio dovere tutelare le imprese italiane, individuando tutte le risorse e gli strumenti necessari per sostenere gli investimenti in progetti innovativi che mirano anche a ridurre l’impatto energetico sui processi produttivi – ha dichiarato il ministro Giancarlo Giorgetti -. È questa un’altra importante linea d’azione da perseguire per fronteggiare, in un’ottica di medio e lungo periodo, il caro bollette. La capacità del nostro sistema imprenditoriale di rimanere competitivo sui mercati – ha aggiunto il ministro – passa infatti dall’ammodernamento degli impianti attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, che oltre a incrementare la produttività e migliorare la sostenibilità ambientale, devono favorire sviluppo e occupazione”.

Il mercato dei Droni nel secondo anno di pandemia

Le esigenze di distanziamento sociale, monitoraggio e consegne rapide ed efficienti hanno mostrato in modo chiaro le potenzialità del mercato dei droni. E dopo la frenata provocata dalla pandemia nel 2020, il 2021 è stato un anno di ripartenza per il settore. Nel 2021 il mercato professionale dei droni in Italia ha raggiunto il valore di 94 milioni di euro, +29% rispetto al 2020, che però non è stato sufficiente a tornare ai livelli pre-pandemia (117 milioni di euro nel 2019). Le imprese attive nel settore a livello nazionale oggi sono 713, con 45 chiusure nel 2021 (111 dal 2018-2021), a indicare l’evoluzione in atto nel comparto. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Droni della School of Management del Politecnico di Milano.

Due segmenti distinti, operativo e Advanced Air Mobility

Il mercato ha iniziato ad articolarsi in due segmenti distinti. Quello operativo, costituito da droni medio/piccoli in grado di svolgere attività a valore aggiunto per i settori più tradizionali, che al momento è l’unico a generare ricavi, e l’Advanced Air Mobility, costituito da droni mediamente più grandi in grado di effettuare trasporti di beni e persone. Un segmento ancora agli albori, ma di grande prospettiva. Per questo segmento in Italia oggi si contano 21 progetti, sperimentati o solamente annunciati. E l’Italia è anche apripista in Europa con il Piano Strategico Nazionale 2021-2030 per lo sviluppo della Mobilità Aerea Avanzata dell’ENAC.

Prospettive future

A livello mondiale i casi applicativi di droni totali censiti dall’Osservatorio sono 755 tra il 2019 e il 2021, di cui quasi il 42% realizzati nell’ultimo anno. Dopo la riduzione del 20% registrata nel 2020, nel 2021 le applicazioni hanno ricominciate a crescere, superando anche il valore del 2019 (245). 
I due ambiti su cui focalizzare l’attenzione nel breve periodo sono lo sviluppo del volo BVLOS e quello del volo autonomo. Nel volo BVLOS ENAC ha autorizzato 11 sperimentazioni nel 2021 e l’interesse a livello italiano è alto: il 52% delle imprese è interessata a effettuare queste sperimentazioni. Il volo autonomo è invece la prima priorità indicata dalle imprese dell’offerta, tanto che il 63% è estremamente interessato allo sviluppo di questi sistemi.

La normativa e le aspettative delle imprese

Il 41% delle imprese ritiene che il Regolamento Europeo Droni stia già dando un forte impulso al mercato, contro il 32% delle imprese più scettico. Quello che sembra mancare è la sua piena applicabilità, ritenuta un forte freno dal 64% degli intervistati. La crescita del settore, soprattutto nel segmento operativo, deve passare dal processo di innovazione. Le imprese stanno investendo soprattutto sull’efficientamento dei processi e dell’organizzazione aziendale (55%), sul marketing e le vendite (43%), meno sullo sviluppo di hardware (30%) e software (26%). Il 69% delle imprese investe infatti meno del 30% della spesa in Ricerca e Sviluppo nel business dei droni.
Una percentuale non sufficiente a portare reale innovazione sul fronte tecnico e tecnologico.

Le aspettative per il 2022, torna la voglia di viaggiare

Quali sono le aspettative per il 2022 da parte degli italiani, anche in merito alla propria situazione economica e di quella del Paese? Tutto sommato positive. I nostri connazionali infatti puntano sull’anno nuovo per riprendere a fare progetti e soprattutto a viaggiare, dopo due anni di emergenza sanitaria che hanno inevitabilmente stavolta le nostre vite e abitudini. A dirlo è l’ultima edizione dell’Osservatorio Compass, la ricerca dedicata alle aspettative di consumatori ed esercenti per il 2022, condotta dalla società del credito al consumo del Gruppo Mediobanca, con un focus proprio sul mercato dei prestiti. Dall’indagine si scopre così che circa 1 italiano su 2 si dice più fiducioso rispetto allo scorso anno, specialmente per l’economia del Paese. La pandemia ha portato grandi cambiamenti, anche nelle abitudini di acquisto, sempre più influenzate da offerte e sconti, ma rinasce la voglia di fare progetti (quasi 9 su 10 ne hanno in cantiere alcuni), su tutti quello di riprendere a viaggiare.

Il primo desiderio: che finisca la pandemia

Ovviamente il desiderio maggiormente condiviso è che finisca la pandemia:  7 italiani su 10  la pensano così. Secondo circa metà degli italiani (45%) il 2022 segnerà un miglioramento per l’economia del Paese. La fiducia cresce e riguarda anche la sfera personale, con circa un terzo del campione (30%) convinto che la situazione economica della propria famiglia migliorerà. Per molti il nuovo anno sarà l’occasione per mettersi alle spalle un 2021 dai due volti. Se è vero che la campagna vaccinale e l’aumento del Pil hanno dato fiducia ad alcuni sia nei confronti dell’economia italiana (migliorata nel 2021 per il 29% degli intervistati) che per quella famigliare (14%), sono ancora in tanti a contare i danni dell’anno passato (per il 30% c’è stato un peggioramento) e a doversi aggrappare al 2022 per un vero riscatto. 

Attenzione anche ai problemi della nostra epoca

Agli italiani non manca la consapevolezza sui problemi più gravi della nostra epoca: infatti, completano il podio dei desideri per il 2022 il voler vivere in un mondo più rispettoso dell’ambiente e della natura (43%) e il contenimento della crisi economica (42%). Quello che sembra mancare è soprattutto un forte senso di libertà di movimento, non a caso il 51% ha in programma di fare un viaggio/vacanza e il 23% di acquistare un’auto/moto. Che sia viaggiare, comprare casa o un veicolo, ristrutturare casa, rifare l’arredamento o, più semplicemente, sposarsi, non importa: la notizia migliore è che quasi tutti gli italiani (88%) hanno ripreso a fare progetti. 

Cresce il credito al consumo

Probabilmente per realizzare tutti i desideri lasciati nel cassetto, è aumentato in modo significativo il credito al consumo, uno strumento importante per l’economia reale del Paese. Dal 2015 il volume di prestiti erogati non era mai stato così alto (€12 miliardi nel I semestre del 2021). 

Covid, l’opinione degli italiani all’inizio del 2022

A ridosso delle festività natalizie la curva dei contagi in Italia si è impennata, e molti italiani sono risultati positivi proprio durante le vacanze di Natale 2021.
Il livello di allarme risulta quindi ancora molto alto nell’opinione pubblica, nonostante qualche esperto inizi a parlare diendemizzazione del virus, specie in relazione alla variante Omicron. Con il 1° aggiornamento del 2022 torna il consueto monitoraggio di Ipsos delle opinioni degli italiani in merito all’emergenza Coronavirus. E dalle risposte risulta che oggi, per 1 italiano su 5, il peggio della crisi deve ancora arrivare
In tutti gli ambiti testati da Ipsos, individuale, familiare, locale, nazionale e mondiale, la minaccia percepita nelle ultime due settimane, di fatto, sale ancora.

Sale la minaccia percepita

Scende infatti al 24% (-6) la quota di intervistati che ritiene ‘il peggio passato’, mentre per il 20% (+2) ‘il peggio deve arrivare’,e per il 37% (+10) siamo all’apice dell’emergenza. La previsione che nelle prossime settimane i contagi possano aumentare oltrepassa l’80%, e l’orizzonte temporale in cui si colloca la previsione della fine di ogni preoccupazione tocca un nuovo massimo dall’inizio della pandemia: 19,5 mesi da oggi.
Risalgono poi ulteriormente quanti oggi si sentono più minacciati dai rischi sanitari della pandemia (63%, +6), rispetto ai rischi economici connessi (25% -1).

Tra i vaccinati il 50% ha già ricevuto la terza dose 

Solo il 17% degli intervistati dichiara di non conoscere direttamente nessuno che abbia contratto il virus: il 9% ammette di essersi infettato, per il 15% si è contagiato almeno uno dei propri conviventi, e per il 27% uno degli amici più stretti. Quanto ai giudizi positivi sulla campagna vaccinale scendono di un paio di punti (64%, -2), ma restano prevalenti rispetto alle critiche (20%). Il 90,5% dichiara di aver ricevuto almeno una dose di vaccino, e il 50% la dose booster.
Tra i non vaccinati, invece, al netto degli esentati, il numero dei dubbiosi circa l’utilità/sicurezza del vaccino e dei no vax si equivale, ed è pari al 40% in entrambi i casi. 

Super Green Pass e obbligo vaccinale

Tra i vaccinati, il 50% si dichiara convinto della propria scelta, mentre quasi 1 persona su 6 è stata costretta dall’obbligatorietà del Green Pass. In particolare: il 29% mantiene qualche dubbio, il 6% ammette di averlo fatto solo per poter mantenere la socialità, o per poter andare al lavoro (9%).
In ogni caso, l’89% dichiara di avere un green pass valido, ottenuto quasi sempre grazie alle vaccinazioni. Quanto alle modifiche al Super Green Pass introdotte con il decreto del 7 gennaio, raccolgono il 70% di opinioni favorevoli e il 24% contrarie. Anche rispetto all’obbligo vaccinale per gli over 50 si allarga la platea dei favorevoli, e molti vorrebbero generalizzarlo all’intera popolazione. Sale anche il favore al vaccino ai bambini di fascia di età 5-11 anni (57%, +6), ma non tra quanti hanno bambini in quella fascia di età (49% favorevoli, 41% contrari).

Il dizionario del 2022, da ‘ammortizzatori’ a ‘verde’

Sono tante le novità del 2022 con cui gli italiani dovranno familiarizzare: da ‘ammortizzatori’, gli strumenti di tutela di chi perde il lavoro che nel 2022 diventano universali, ad ‘assegno unico’, il nuovo beneficio economico per chi ha figli a carico, ad ‘assorbenti’, per i quali l’Iva si dimezza e scende al 10%, e ‘bollette’, che dopo il rincari del 2021 vedono un nuovo balzo dei prezzi.
Il dizionario del 2002 continua con ‘barriere architettoniche’ (il bonus al 75% per abbatterle è una novità di quest’anno), ‘contante’ (dal 1° gennaio il tetto per il suo utilizzo scenderà da duemila a mille euro), e ‘cartelle’: ci saranno sei mesi per pagare le cartelle notificate nel primo trimestre dell’anno.
Quanto a ‘delocalizzazioni’, scatta una stretta, e ora servono tre mesi di preavviso e un piano per rendere meno traumatici gli esuberi.

Da ‘espansione’ a ‘neo mamme’
Le parole chiave del 2022 comprendono anche ‘espansione’, per cui si prevede un’assunzione ogni tre uscite di lavoratori, ‘facciate’ (rimane il bonus per rinnovarle, ma cala dal 90 al 60% della spesa), e ‘giovani’: è stato prorogato lo sconto sulle tasse per l’acquisto di case per gli under 36, ma anche la detrazione al 20% sull’affitto per i giovani under31, e diventa strutturale il bonus cultura per i diciottenni. E se per ‘Irap’ scatta la sua cancellazione per 835mila autonomi, cambiano le aliquote ‘Irpef’, che scendono da cinque a quattro. Ma c’è anche il bonus ‘mobili’, che raddoppia da 5 a 10mila euro, e per le ‘neo mamme’ il 2022 prevede un taglio sperimentale del 50% dei contributi a carico delle lavoratrici madri del settore privato.

Da ‘papà’ a ‘Superbonus’
L’elenco prosegue con ‘papà’(i lavoratori dipendenti che avranno un figlio o lo adotteranno avranno diritto a 10 giorni di congedo obbligatorio e a un giorno di astensione facoltativa), ‘plastic tax’ (rinviata al 2023, con la Sugar Tax), e ‘quota 100 addio’ (i requisiti per lasciare il lavoro salgono a quota 102, ovvero 64 anni di età e 38 di contributi), ‘Rdc’ (cambia, ma poco, mente cambiano i criteri per l’offerta di lavoro o si decade dal beneficio), e ‘Superbonus’ (prorogato per i condomini fino al 2025, ma con un decalage: rimane al 110% fino al 2023, poi al 70% nel 2024 e al 65 nel 2025).

‘Tavolini all’aperto’, ‘volontariato’, ‘Tv e decoder’, e ‘verde’
Le ultime quattro parole del 2022, riporta Ansa, sono ‘tavolini all’aperto’ (è stata prorogata fino a fine marzo l’esenzione dalla tassa per l’occupazione del suolo pubblico), ‘volontariato’ (niente Iva fino al 2024 per il terzo settore e il mondo no profit), ‘Tv e decoder’ (è stato rifinanziato il bonus previsto per adeguare gli apparecchi alle nuove tecnologie di trasmissione, e per gli over70 è prevista la consegna a casa del decoder tramite le poste), e ‘verde’. In questo caso si tratta del bonus al 36% per migliorare gli spazi verdi di balconi a giardini.  

Pandemia, uno tsunami per i consumi. Cancellati quasi 4mila euro di spesa

Secondo Confesercenti la pandemia è “uno tsunami per i consumi”. Nonostante il recupero registrato durante il 2021, secondo l’associazione “dall’inizio dell’emergenza sanitaria la crisi innescata dal Covid ha cancellato quasi 4mila euro di spesa a famiglia”. Il dato calcolato da Confesercenti è la somma della riduzione dei consumi rispetto al livello pre-crisi registrata in media da ogni famiglia nel 2020. Nel primo anno del Covid la riduzione dei consumi era pari a -2.653 euro, e nel 2021 a -1.298 euro, per un totale quindi di -3.951 euro a famiglia. A livello territoriale, l’arretramento peggiore lo registra la Toscana, con una perdita reale di 9.119 euro di spesa per nucleo familiare. Al secondo posto della classifica delle regioni che hanno perso di più, c’è il Molise (-5.903), seguito da Piemonte (-5.724 euro) e Basilicata (-5.491 euro).

La compressione della spesa colpisce tutte le regioni 

Perdite superiori ai 5mila euro per nucleo familiare si rilevano però anche in Sardegna (-5.305 euro), Veneto (-5.117 euro) e Valle D’Aosta (-5.014). Una compressione dei consumi delle famiglie appena sotto la soglia dei 5mila euro si registra invece in Lombardia (-4.969 euro per nucleo) e Trentino Alto-Adige (-4.620 euro), mentre subiscono una perdita superiore ai 3mila euro Puglia (-3.951 euro), Emilia-Romagna (-3.776 euro), Marche (-3.413 euro) e Umbria (-3.338 euro).
Sopra i 2mila euro è invece la riduzione di spesa stimata per Calabria (-2.796 euro a famiglia), Liguria (-2.676 euro), Campania (-2.626 euro) e Friuli-Venezia Giulia (-2.554 euro). Contengono invece le perdite, comunque sopra la soglia dei mille euro, Lazio (-1.568 euro a famiglia), Abruzzo (-1.402 euro) e Sicilia (-1.025).

Lockdown, riduzione dei redditi, inflazione e incertezza

Secondo Confesercenti, a pesare sul calo dei consumi sono diversi fattori. Innanzitutto, i lockdown e le restrizioni che hanno interessato il nostro Paese tra il 2020 e i primi sei mesi del 2021. Ma a incidere sono anche la riduzione dei redditi da lavoro, l’inflazione e l’incertezza, che porta le famiglie a mantenere un tasso di risparmio ancora superiore rispetto a quello dei periodi precedenti alla pandemia, riporta Askanews.

“È come se le famiglie avessero perso due-tre mesi di entrate “

“La pandemia ha avuto un impatto devastante sui consumi delle famiglie – commenta la presidente Confesercenti Patrizia De Luise -. Sommando i consumi persi nel 2020 e nel 2021, è come se le famiglie avessero perso due-tre mesi di entrate. Bisogna intervenire per accelerare il recupero, perché dai consumi interni dipende circa il 60% del nostro Pil. La via maestra è quella fiscale: la riforma del fisco, che inizierà proprio con la manovra di quest’anno, deve liberare il più possibile le risorse delle famiglie”.

L’identikit del camminatore tipo è donna, e arriva dal Nord Italia

La Compagnia dei Cammini, l’associazione no profit che dal 2010 propone itinerari a piedi in Italia e in Europa, ha ‘scattato’ la fotografia del camminatore tipo che nel corso del 2021 ha svolto almeno un viaggio a piedi. E l’identikit che ne risulta è quello di una donna del Nord Italia con un’età compresa tra i 50 e i 65 anni. La meta preferita per le sue camminate? I luoghi di mare. L’analisi è stata effettuata su un campione di 1.330 camminatori, e nell’ultimo anno è il 67,5% di donne ad avere partecipato ai viaggi a passo lento. La fascia d’età prevalente è poi quella tra 50 e 65 anni (55%), seguita da 31 e 49 anni (26%). Non sono assenti però camminatori tra i 66 e gli 85 anni (13,5%), mentre a dimostrare meno interesse per i viaggi a piedi è la fascia tra 19 e 30 anni (1,7%).

Solo il 3,61% dei camminatori arriva dall’estero

Quanto alle aree di provenienza, la parte del leone la fa il Nord Italia, con il 72% dei camminatori, seguito dal Centro (15%), e dal Sud e dalle isole (8%). Dall’estero arrivano invece il 3,61% dei camminatori, soprattutto da Svizzera, Francia, e Germania. Per quanto riguarda le professioni, il 35% ha un lavoro dipendente, nel 17,5% dei casi sono liberi professionisti, il 15%, arriva dal settore sanitario, i pensionati sono il 14% e gli insegnanti il 7,5%. Molto basse le percentuali di operai (1,2%) e disoccupati (1%).

Strade italiane, mare e montagna le più richieste

Il 2021 si conferma come il secondo anno anomalo consecutivo anche per questo turismo di nicchia, con una stagione durata solo 8 mesi su 12. La difficoltà di viaggiare all’estero, inoltre, ha reso piuttosto rare le richieste di viaggi in altri Paesi. Il 95% delle persone appassionate di cammino ha percorso a piedi le strade italiane, mentre meno del 5% è riuscito a camminare in Europa.  Il 21% dei camminatori nel 2021 ha scelto di camminare sulle isole (Sicilia, Creta, Sardegna in particolare), mentre il 43,5% ha scelto il mare. A queste mete, riporta Adnkronos, seguono i cammini più collinari o di bassa montagna, mentre solo il 21,5% ha preferito fare cammini in montagna. Un dato indicativo del cambiamento nella percezione del viaggio a piedi. Se un tempo si andava a piedi solo in montagna, ora si cerca altro.

La metà del campione preferisce viaggi medio-facili

Ma che livello di difficoltà hanno scelto i camminatori quest’anno? La metà esatta del campione ha preferito viaggi a 2 orme, ovvero viaggi medio-facili, un altro quarto (26%) ha osato di più, scegliendo viaggi a 3 orme, quindi già più impegnativi, e il 15% ha scelto viaggi tranquilli, anche con base fissa e cammini a stella. I viaggi più difficili, in cui si cammina con grossi dislivelli, si portano zaini pesanti e si può anche dormire in tenda, attirano una fetta molto bassa di camminatori. Solo il 2,6% di loro infatti ha un profilo esperto. 

Creativi e capaci, ma scarsi in comprensione dei contenuti on line: la fotografia degli studenti digitali

Si parla sempre dei “giovani”, ma come sono in realtà i nostri ragazzi, che agli adulti sembra sempre immersi nel loro mondo virtuale? A questa domanda ha cercato di rispondere il primo report su “La competenza digitale degli studenti della scuola secondaria di I e II grado”, pubblicato da Università di Milano-Bicocca, Fastweb e una rete di scuole,  curato da Marco Gui, professore associato di Sociologia dei media, Tiziano Gerosa e Alessandra Vitullo, assegnisti di ricerca del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’ateneo milanese. Si scopre così che i ragazzi – ne sono stati intervistati oltre 1.200 – sono forti in Communication (la corretta interazione con gli altri e condivisione di risorse negli ambienti digitali), ma deboli in Information & Literacy (la capacità di valutazione, selezione e comprensione dei contenuti sulla rete). 

Misurare le competenze digitali degli studenti 

Il test è il primo in Italia ad offrire la possibilità di misurare le competenze digitali degli studenti, tramite sia un punteggio generale sia punteggi specifici per ogni singola area di competenza indicata dal framework europeo DigComp 2.1: “Information & Literacy”, Communication, Creation (creazione e rielaborazione responsabile di contenuti nel web), Safety and Wellbeing (competenze necessarie alla protezione da possibili minacce alla privacy, alla gestione della propria identità online, ma anche al mantenimento del benessere in un ambiente di sovrabbondanza comunicativa). Tra le dimensioni della competenza digitale, Communication è la più forte (83 punti), a fronte dei 71 punti di Creation e dei 70 di Safety. L’area Information & Literacy, invece, emerge come la più debole (61 punti), indicando un problema di capacità di valutazione dei contenuti incontrati in rete da parte degli studenti.La performance nell’area della comunicazione, secondo i ricercatori, “mostra una generazione di studenti che sembra avere in media una buona infarinatura rispetto alle norme di interazione negli ambienti digitali per la socialità. Questo buon risultato potrebbe essere dovuto sia a processi di apprendimento informale sia formale: da un lato, l’uso pervasivo degli ambienti social da parte degli studenti potrebbe averli resi più consapevoli delle dinamiche che vi si creano; dall’altra, il forte investimento da parte della scuola italiana nella lotta al cyberbullismo potrebbe aver diffuso tra gli studenti di oggi una certa conoscenza di quali sono i comportamenti corretti e responsabili nelle interazioni sociali online”.

I più bravi in italiano sono anche i più digital

Un altro elemento interessante che emerge dall’indagine è che esiste una correlazione significativa tra il voto medio in italiano e il livello di competenza digitale. Questa correlazione diventa massima per quanto concerne l’area Information & Literacy, dove i gli studenti con i risultati migliori (9 o più in italiano) fanno registrare un punteggio di 86,3, con un vantaggio di ben 15,8 punti rispetto agli studenti con rendimenti sulla soglia della sufficienza. 

L’Italia scala 5 posizioni nell’indice Desi e sale al 20° posto

L’Italia scala cinque posizioni nell’indice della Digitalizzazione dell’economia e della società in Europa (Desi), e nel Rapporto 2021 sale al 20° posto fra i 27 Stati membri dell’Unione. Secondo il Rapporto il nostro Paese però rimane significativamente in ritardo in termini di capitale umano, registrando livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi. Quanto alla trasformazione digitale, il Rapporto rileva che nel corso del 2020 l’Italia ha compiuto alcuni progressi in termini di copertura e diffusione delle reti di connettività, con un aumento significativo della diffusione dei servizi di connettività che offrono velocità di almeno 1 Gbps. 

Crescono digitalizzazione e competenze ma c’è ancora molto da fare

“L’Italia avanza: crescono digitalizzazione e competenze, abbiamo finalmente iniziato a risalire la classifica, ma rimane ancora molto da fare – commenta la Sottosegretaria al Mise, Anna Ascani -. Le 12 posizioni guadagnate nel campo dell’integrazione delle tecnologie digitali, con un punteggio Paese al di sopra di quello europeo, dimostrano gli sforzi che abbiamo sostenuto, e che stiamo ancora affrontando, affinché il sistema Italia si avvalga di tutte le tecnologie a disposizione. Il Cloud, ad esempio, registra un livello di adozione da parte delle imprese pari al 38%, in evidente crescita rispetto al 15% del Desi 2020”.

Connettività: siamo solo al 23° posto in Ue

L’indice Desi 2021 dice però che dobbiamo fare di più per quanto riguarda la connettività. Siamo infatti al 23° posto, e siamo in ritardo anche negli indicatori relativi alla copertura 5G (8% rispetto al 14% della media Ue).
“Su questo versante – aggiunge Anna Ascani – stiamo dando un impulso significativo grazie all’attuazione della Strategia per la Banda Ultralarga, attraverso il completamento del Piano Aree Bianche e l’avvio di interventi come Italia a 1 Giga e Italia 5G”.

Il 69% delle Pmi ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale

Sempre secondo il Rapporto, riferisce Adnkronos, la maggior parte delle Pmi (69%) ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale, una percentuale al di sopra della media Ue (60%). Le imprese italiane poi fanno registrare ottimi risultati nell’uso della fatturazione elettronica, sebbene permangano lacune nell’uso di tecnologie quali i big data e AI, nonché nella diffusione dell’e-commerce. Ma sul fronte sanità digitale in Italia l’uso dei fascicoli sanitari elettronici da parte i cittadini e operatori sanitari rimane disomogeneo su base regionale. E se la percentuale di utenti online che utilizzano servizi di e-government è passata dal 30% nel 2019 al 36% nel 2020, è ancora nettamente al di sotto della media Ue.

Il processo di trasformazione digitale sostiene la domanda di beni tecnologici

Durante la pandemia la digitalizzazione si è imposta come sistema dominante, permettendo continuità nelle attività quotidiane e superando le barriere fisiche e i confini della fruizione. Contemporaneamente, il processo di digitalizzazione, favorito dal lockdown del 2020, ha dimostrato quanto i processi aziendali possano essere più economici ed efficienti attraverso una riorganizzazione innovativa della forza lavoro, difficilmente immaginabile prima della pandemia. L’accelerazione del processo di trasformazione digitale di fatto sostiene la domanda di beni tecnologici.  E nei primi nove mesi del 2021 il fatturato dei beni tecnologici rappresentato dal Panel Distributori ICT di GfK ha raggiunto i 6,1 miliardi di euro, con una crescita del +8,4% rispetto lo stesso periodo del 2020.

Un risultato incoraggiante per la Distribuzione ICT

Secondo i dati GfK, basati sulle rilevazioni effettuate nel periodo aggregato gennaio-settembre 2021, il risultato dei primi tre trimestri dell’anno in corso risulta decisamente incoraggiante per la Distribuzione ICT in Italia, ma la performance avrebbe potuto essere anche migliore se la crescita del fatturato del terzo quarter 2021 non fosse stata frenata dalle difficoltà legate alla logistica e dallo shortage produttivo della componentistica. In ogni caso, in Italia la domanda di beni tecnologici resta fortemente sostenuta dall’accelerazione del processo di trasformazione digitale, che si sta estendendo in tutti i settori, non solo aziendali, ma anche nelle famiglie, nella PA e nel settore dell’istruzione.

La supply chain dei canali consumer cresce del +11%

In questi primi nove mesi del 2021, il settore IT, cresciuto del +7,3%, sta ancora beneficiando dell’onda di questi cambiamenti, come dimostrano i trend delle categorie che trainano la supply chain dei canali consumer (+11%), con notebook e tablet che crescono del +14,6% a valore. Ma l’andamento positivo si riscontra anche per i televisori (+12,7), complici i nuovi incentivi per lo switch-off, e il ritorno dei grandi eventi sportivi di questa estate.

L’unico settore che mostra un trend negativo è quello dei Servizi

Il fatturato della supply chain relativa ai canali business cresce invece del +6,7%, ed è sostenuta dalla forte domanda di pc (+8,2), di monitor e signage (+31,1%), oltre che dalla domanda di componentistica hardware (+23,7). Non sono da meno, in termini di crescita, i settori della telefonia (+11,1%), il settore Office (+8,6%) e la Consumer Electronics insieme agli Elettrodomestici (+19%). L’unico settore che mostra un trend negativo è quello dei Servizi (-6,5%), che risulta anche il meno importante per fatturato sviluppato.